Whey Protein
13 Aprile 2022

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Whey Protein

13 Aprile 2022

1. Introduzione

Supplementi a base di proteine in polvere sono, al giorno d’oggi, quanto di più utile, utilizzato e supportato da evidenza scientifica, di cui il mercato degli integratori possa disporre.

Questo non riguarda solo l’atleta d’élite o presunto tale o comunque l’ambito sportivo, come spesso si è cercato erroneamente di etichettare questa categoria di supplementi, ma bensì può a ragione riguardare un grande numero di soggetti, con particolare attenzione all’anziano, sicuramente meno i bambini fino all’età puberale. 

Le proteine sono costituite da Carbonio, Idrogeno, Ossigeno e per il 16% da Azoto, il quale le contraddistingue dai grassi e dai carboidrati.

Una proteina è generalmente costituita da una catena di amminoacidi, con una sequenza che individua la struttura primaria della proteina.

A sua volta, la struttura amminoacidica può avere una distribuzione spaziale con strutture ad “alfa elica” o “foglietto beta”, che indicano la cosiddetta struttura secondaria.

L’andamento della proteina può essere poi continuo o avere dei tratti a spirale che conferiscono una struttura tridimensionale, che si definisce terziaria, ed infine più sub-unità proteiche costituiscono la struttura quaternaria.

Le proteine introdotte con gli alimenti non possono essere immagazzinate nel nostro organismo, per cui gli amminoacidi costituenti, una volta assorbiti, o vengono utilizzati per la biosintesi delle proteine endogene e altri composti azotati, oppure vengono degradati per scopi energetici.

Il nostro organismo si adatta facilmente alle variazioni della quota proteica assunta con gli alimenti, modificando il metabolismo amminoacidico in modo da tenere sotto controllo l’equilibrio tra entrate ed uscite di azoto.

In questo bilancio, gli amminoacidi liberi endogeni si sommano a quelli introdotti con l’alimentazione, formando un pool che svolge un ruolo essenziale per assicurare il corretto apporto amminoacidico giornaliero, che risulta influenzato da fattori quali lo stato metabolico delle cellule, l’età, il sesso, l’attività fisica.

La funzione plastica delle proteine si svolge partendo dalla demolizione e assorbimento degli amminoacidi che le compongono.

Le proteine dell’organismo subiscono un continuo processo di turnover proteico o rinnovamento, per il quale abbiamo bisogno di introdurre, attraverso la dieta, un’adeguata quantità di proteine esogene che permettono l’assimilazione degli amminoacidi che le compongono, in particolare di quelli essenziali, che non possono essere sintetizzati e devono essere obbligatoriamente introdotti mediante il cibo.

Infatti, dei 20 amminoacidi che costituiscono la macromolecola proteica, dieci sono quelli essenziali, ossia isoleucina, leucina, treonina, lisina, metionina, fenilalanina, triptofano, valina, arginina, istidina, questi ultimi due solo nel bambino lo sono.

2. Il Valore Biologico 

Le proteine della carne, delle uova, del latte e dei suoi derivati vengono classificate come proteine ad alto valore biologico, contenendo tutti gli amminoacidi essenziali per l’uomo, in quantità adeguate a garantire il fabbisogno giornaliero.

Se in un alimento è assente anche uno solo degli amminoacidi essenziali, le sue proteine vengono definite a basso valore biologico, come ad esempio quelle dei cereali, prive di lisina, ma ricche in amminoacidi solforati, cisteina e metionina, per cui si prestano molto bene all’abbinamento coi legumi, a loro volta ricchi in lisina ma poveri di solforati.

In generale, quanto più la composizione di amminoacidi di una proteina è sovrapponibile allo spettro amminoacidico delle proteine da sintetizzare, tanto migliore risulterà il suo valore biologico. 

La presenza nell’alimentazione di tutti gli amminoacidi essenziali in quantità adeguata è un requisito fondamentale per assicurare il mantenimento della massa corporea e la crescita.

In generale, maggiore è la qualità delle proteine e minore è la quantità richiesta. 

Per valutare questo, si prendono in considerazione tre valori: il PER, ossia il rapporto efficienza proteica (guadagno in termini di peso valutato in grammi su grammi di proteine assunte), il VB, il valore biologico (azoto ritenuto/azoto assorbito x 100) e il PDCAAS, il punteggio della digeribilità delle proteine corretto dall’amminoacido limitante ( si basa sul fabbisogno di amminoacidi in bambini da 2 a 5 anni).

Quando si parla di qualità proteica è d’obbligo distinguere tra proteine di origine animale, di qualità superiore in quanto con un profilo amminoacidico più completo e quindi un valore biologico più alto, e le proteine vegetali che hanno quindi un minore appeal sia in termini “clinici” che commerciali.

E’ bene chiarire che ricorrere a proteine animali di bassa estrazione, come ad esempio il collagene, non rappresenta la scelta giusta da fare, in quanto, rispetto a fonti proteiche derivate da uovo o latte che hanno elevato valore biologico, quelle derivate dal collagene possiedono spettri amminoacidici difficilmente utilizzabili dal corpo umano.

3. Le Whey Protein

La prima fonte proteica che merita di essere trattata è quella del siero del latte o WHEY PROTEIN, estratte dal latte, il quale possiede solo il 3-4% di proteine, delle quali l’80% è costituito dalle caseine, il 20% dal siero.

Questa percentuale di siero del latte e il profilo stesso degli amminoacidi, sono influenzati dalla razza delle mucche, dal tipo di alimentazione e dalle condizioni climatiche in cui versa l’animale e la loro aggregazione dipende dall’interazione di fattori quali temperatura, PH e pressione intervenuti durante la lavorazione.

Il siero contiene la più alta percentuale in BCAA di qualsiasi altra forma proteica, che gli permette di avere un VB pari a 104, pur essendo composto solo al 25% da frazione proteiche chiamate Lattoglobuline. Il siero possiede peptidi a basso peso molecolare che risultano essere i più assorbiti dall’intestino umano. 

Le proteine del siero del latte forniscono i substrati necessari per la sintesi proteica, favorendo il recupero a seguito dell’attività fisica e un profilo ormonale adatto alla crescita muscolare, senza stimolare eccessivamente l’IGF-1, e al dimagrimento; fungono da substrato per la gluconeogenesi, inducendo un forte stimolo della secrezione endogena di insulina, ormone dalle spiccate proprietà anaboliche.

I preparati a base di proteine del siero del latte possono essere moderatamente usati anche per il trattamento dei gottosi ed iperuricemici, in quanto non contengono purine e non influiscono sui livelli di acido urico. 

3.1 Classificazione delle Whey Protein

Le proteine del siero del latte posso avere diverse caratteristiche: esistono quelle Concentrate (WPC) che hanno in genere un basso ma significativo contenuto di grassi e colesterolo, livelli più alti di carboidrati prevalentemente sottoforma di lattosio, quindi il contenuto proteico può raggiungere una concentrazione dell’85-86%.

Concentrazioni maggiori sono invece tipiche delle proteine del siero del latte isolate (WPI), in cui solitamente otteniamo un contenuto proteico superiore al 90%, derivato dalla quasi totale rimozione di grassi e lattosio mediante specifici trattamenti.

Infine abbiamo le proteine del siero del latte idrolizzate (WPH) che, sottoposte ad un trattamento di digestione enzimatica, sono parzialmente idrolizzate al fine di facilitarne e ridurne i tempi di assimilazione, ma questo comporta un prezzo generalmente superiore.

Le WPC (100% WHEY PROTEIN SHAKE) sono la forma più economica delle proteine del siero e presentano quindi un più basso valore biologico, attorno al 40% di colesterolo, più grassi e e tra il 2-5% di lattosio.

Sono ottenute per ultrafiltrazione, la proteina viene quindi più grossolanamente separata dal grasso e dal lattosio attraverso una membrana porosa utilizzando la pressione, consentendo il passaggio di componenti idrosolubili e piccole molecole organiche e minerali, ciò comportando una maggiore presenza in termini di micronutrienti come calcio, sodio e altri minerali.

Sono sicuramente quelle meno indicate quando ci troviamo di fronte ad un intollerante al lattosio e quando dobbiamo favorire un veloce assorbimento.

Le WPI (STAR WHEY) sono la forma più pura di WHEY, poiché subiscono processi maggiormente elaborati, in grado di ridurre drasticamente la presenza di grassi e lattosio.

Questi metodi inoltre permettono di ottenere un contenuto più alto in proteine (fino anche al 95%), l’assenza di colesterolo, un minor contenuto di calcio e minerali e per quanto già detto riguardo al lattosio, sono più adatte al soggetto intollerante.

Il processo più costoso che le riguarda è l’isolamento per microfiltrazione a flusso incrociato (CFM), in cui il siero del latte dopo la consueta ultrafiltrazione, viene convogliato in un sistema di filtri a membrana che procede ad un’ulteriore filtrazione progressiva, eliminando particelle indesiderate, tra cui minerali, lipidi e lattosio.

Vengono mantenute intatte tutte le frazioni proteiche principali nel loro stato bioattivo naturale senza denaturare la proteina stessa, un migliore proflio amminoacidico e una migliore solubilità.

Esiste un secondo processo a cui si può sottoporre il siero del latte, che è l’isolamento per scambio ionico (IE), in cui questo viene aggiunto ad un bagno di resine dotate di carica elettrica per isolare la proteina e correggere il pH durante il processo.

In questo modo otteniamo la forma più pura della proteina, eliminando definitivamente ogni tipo di impurità (lattosio, minerali, grassi) e permettendoci di arrivare a concentrazioni proteiche molto elevate, superiori al 95%. Questo porta però alla denaturazione della proteina e quindi alla perdita di importanti frazioni peptiche bio-attive, non potendo quindi garantire gli stessi benefici su salute e costruzione muscolare, con un costo comunque 5 volte inferiore rispetto alla microfiltrazione, ma anche un ridotto assorbimento.

Infine le WPH, derivate da un processo di idrolisi enzimatica, il quale prevede la scissione dei legami delle proteine rendendole di dimensioni più piccole ossia degli oligopeptidi, che vengono digeriti ed assorbiti più velocemente.

Sono solitamente ottenute dalle WPI, con un contenuto variabile al loro interno di proteine idrolizzate in oligopetidi, anche se col trattamento si perde ogni tipo di attività biologica.

Questo particolare trattamento può ridurre sensibilmente problemi di tolleranza digestiva, come gonfiore, malassorbimento, meteorismo, consentono l’assimilazione più rapida in assoluto tra tutti i tipi di proteine e anche meglio dei singoli amminoacidi, poiché il nostro organismo possiede uno speciale sistema di trasporto per gli oligopeptidi, manifestano il più alto indice insulinemico, hanno il costo più elevato e il gusto amaro in proporzione alla quantità di proteine idrolizzate all’interno.

4. Fabbisogno e utilizzi

L’uso di integratori a base di Whey Protein è stato sempre più sdoganato a favore di un consumo più consapevole anche in circostanze differenti da quelle che riguardano unicamente la pratica sportiva, spostando quindi l’interesse anche laddove si generi una necessità di andare a favorire un determinato apporto proteico giornaliero, che solamente con la dieta sarebbe difficile da raggiungere.

Un’ importante distinzione in termini di utilizzi e fabbisogni va fatta in relazione al tipo di attività sportiva che si svolge.

Questo appunto cambierà a seconda che si parli di un adolescente, di un adulto o di un anziano, esistono distinzioni tra maschi e femmine in termini di apporto giornaliero, ma soprattutto va definito un diverso sostegno proteico in base al tipo di attività sportiva da svolgere, che si tratti di sport di forza, a scatti ripetuti/misti o di resistenza.

L’introduzione di proteine nella fase immediatamente successiva, ad esempio di una attività di forza, può favorire la ritenzione delle proteine, in questo caso anche aggiungere carboidrati serve a sopprimere la scomposizione delle proteine e a facilitarne la ritenzione. Si verifica così una ovvia sinergia tra l’aumento degli amminoacidi in circolo e lo stimolo derivante dall’esercizio, inducendo un aumento netto delle proteine muscolari.

Consumare proteine del siero del latte in prossimità temporale rispetto alla sessione, comporta dei vantaggi durante l’allenamento di forza, per l’alto contenuto in amminoacidi essenziali e per la capacità di trasporto degli amminoacidi da parte del siero.

E’ chiaro quindi che i tempi di ingestione delle proteine in relazione all’esercizio, al tipo di proteina, alla coingestione di altri nutrienti e alla quantità di proteine ingerite avrà sicuramente un impatto sulla risposta all’allenamento. Possiamo quindi affermare che in questa circostanza è più adeguata un’ assunzione di WPI a rapido assorbimento, entro mezz’ora dal termine dell’allenamento.

Considerando che l’alimentazione comprende proteine sia di origine animale che vegetale, queste ultime con valore biologico più basso, la quota proteica necessaria a coprire il fabbisogno giornaliero (RDA) è 0,8 g/kg peso corporeo al giorno, se parliamo del soggetto sedentario, calcolato considerando un apporto di proteine dalla dieta variabile dal 10 al 35%.

Mantenersi al di sotto di questo valore può esporci ad una situazione di malnutrizione, con carenza di proteine nella dieta, comunque difficilmente diagnosticabile ma che può riguardare diverse situazioni come:

– Insufficiente apporto alimentare di proteine totali ( alimentazione globalmente insufficiente, difficoltà di masticazione, tossicodipendenza, alcolismo, anoressia, veganesimo o crudismo non opportunamente gestiti );

– Insufficiente apporto alimentare di proteine ad alto valore biologico, o meglio, di uno o più amminoacidi essenziali ( stesse circostanze di cui sopra );

– Alterata digestione e/o assorbimento alimentare ( patologie anatomo – funzionali gastriche, intestinali, pancreatiche, infezioni e parassitosi );

– Complicazioni metaboliche ( ad esempio gravi patologie congenite o insufficienza epatica );

– Aumentata richiesta metabolica fisiologica o patologica ( certe forme di insufficienza renale, gravidanza, pratica sportiva oltre i limiti della normalità ).

Per quanto riguarda l’apporto consigliato in un atleta, se parliamo di attività di forza questo è pari a 1,4-1,7 g/kg peso corporeo al giorno, mentre per atleti che svolgono attività di resistenza è pari a 1,2-1,6 g/kg peso corporeo al giorno.

Queste raccomandazioni vanno prese con riserva e dovrebbero rappresentare solamente un punto di partenza, perché non bisogna dimenticare che esistono numerosi fattori nutrizionali che si riflettono sull’adattamento all’allenamento, come il tipo di proteina o la fonte di amminoacidi, i tempi di assunzione rispetto all’esercizio e la congestione di altri nutrienti come già accennato in precedenza, che sono tutti fattori che vanno inevitabilmente a influenzare la risposta muscolare.

Attualmente non esistono prove certe che assumere più di 1,5-2,0 g/kg peso corporeo al giorno comporti benefici di qualche tipo.

Possiamo ora parlare di tutte quelle situazioni che esulano dalla pratica sportiva, ma in cui l’utilizzo delle Whey Protein può risultare utile se non cruciale. 

Parliamo quindi ad esempio dell’adolescente “malnutrito”, in difetto per quello che concerne il consumo di proteine giornaliero, l’obeso, il paziente diabetico e l’anziano o anche solo l’over50, che in comune hanno una predisposizione alla sarcopenia, patologica in un caso, biologica e legata all’avanzare dell’età nell’altro.

La sarcopenia è una patologia che si correla a una perdita numerica delle fibre muscolari con atrofia delle fibre rimanenti. Interessa quasi esclusivamente le fibre di tipo II che sviluppano forza. Nel soggetto anziano risulta estremamente utile controllare la massa muscolare, poiché le conseguenze della sarcopenia risultano gravi: aumenta infatti il rischio di cadute e di fratture. La gestione dell’introito proteico risulta quindi di primaria importanza.

Nuove evidenze hanno mostrato come gli individui più anziani necessitino di un intake proteico maggiore rispetto ai giovani, con lo scopo di supportare la buona salute, promuovere il recupero a seguito di patologie e mantenere la funzionalità corporea. Inoltre, hanno bisogno di più proteine per spegnere l’infiammazione e le condizioni cataboliche associate a patologie croniche e/o acute che spesso si correlano con l’invecchiamento.

Attraverso la lettura di diverse evidenze scientifiche, lo studio PROT-AGE ha definito un livello di raccomandazione di apporto proteico pari a 1,0-1,2 g di proteine per kg di peso corporeo, per aiutare gli anziani a mantenere la massa muscolare e la funzionalità. È stato evidenziato che quantità minori di proteine non riescono a supportare efficacemente la sintesi proteica. Se il soggetto è stato già diagnosticato come sarcopenico, l’apporto proteico giornaliero sale a 1,5 grammi per chilo di peso corporeo.

Lo studio PROT-AGE sottolinea che l’assunzione di proteine rapide, come ad esempio le Whey Protein, potrebbe avere benefici in termini di metabolismo proteico, e che l’aggiunta alla dieta di leucina o di un mix di amminoacidi a catena ramificata possa aiutare a migliorare la massa muscolare e la sua funzione.

Il mezzo più pratico per promuovere l’anabolismo proteico del muscolo è inserire una porzione moderata di proteine ad alto valore biologico durante ogni pasto, tramite la dieta o appunto tramite supplementi di tipo proteico.

L’obesità e il diabete mellito di tipo 2 (DM2) sono caratterizzati da infiammazione cronica e stress ossidativo e questo predispone a malattie cardiovascolari. Dalla letteratura si apprende che le proteine del siero del latte (WP) hanno attività antiossidanti, antinfiammatorie e ipoglicemiche e quindi i riscontri di un loro utilizzo sono estremamente positivi anche in questa direzione.

Riguardo la quantità di proteine per singolo pasto la bibliografia è lacunosa e contraddittoria perché sono molti i parametri che possono influire su questa caratteristica e vengono quindi indicativamente consigliati 30/35 grammi di proteine per singolo pasto. 

Possiamo concludere dicendo che, nell’ambito di un’assunzione legata ad una attività sportiva specifica, le WPC si prestano bene ad un consumo legato al raggiungimento di uno specifico fabbisogno proteico e per le loro caratteristiche intrinseche possono essere assunte ad esempio a colazione o a “fortificare” un pasto che risulta scarso in proteine, le WPI o ancora meglio le WPH invece si sposano bene con un’assunzione a ridosso dell’attività, meglio se entro 30 minuti dalla fine dell’allenamento.

5. Sicurezza

Importante è sottolineare come ogni studio su eventuali tossicità riguardanti i carichi proteici si riferiscano prevalentemente all’assunzione di proteine animali derivate dagli alimenti, soprattutto carne, che è una fonte ricca di acidi nucleici potenzialmente pericolosi e assenti nei prodotti in polvere.

Attualmente non esistono dati in letteratura che dimostrino la possibilità di danneggiare un rene sano con una dieta che contenga una quantità di proteine 2-3 volte superiore rispetto alla RDA, ossia 0,8 g/kg peso corporeo al giorno.

Non è mai stata segnalata la presenza, in più di mezzo secolo di studi, di problemi renali correlati alla dieta, ad esempio tra i bodybuilder, soggetti che seguono per lunghi periodi alimentazione di tipo iperproteico.

Non ci sono dati certi neppure su un eventuale danneggiamento della funzione epatica, o meglio le osservazioni sulle alterazioni morfologiche mitocondriali a carico degli epatociti, registrate in animali alimentati con pasti iperproteici, rientrerebbero in una normale dinamica di adattamento metabolico-epatico alla dieta.

L’aumento della calciuria riscontrabile nel corso di regimi dietetici iperproteici fa ritenere possibile un effetto demineralizzante sull’osso, ma studi recenti hanno dimostrato che una dieta con 0,8 g/kg/die di proteine riduce la quantità di calcio assorbito a livello intestinale, portando quindi ad un aumento del rilascio di paratormone, il quale stimola fortemente la liberazione di calcio dal tessuto osseo.

In generale comunque è stato recentemente stabilito che una eventuale soglia di tossicità proteica si attesta attorno ai 3,5-5 g/kg/die che per un soggetto di 80 kg sono 280-400 g di proteine al giorno, che sono apporti proteici molto lontani da quelli registrati tra gli atleti, dove il range proteico è compreso di solito tra 1,2 e 2 g di proteine per kg di peso corporeo.

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Biochimica della nutrizione [Leuzzi – Zanichelli]

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